Raitano: «RdC e politiche sul lavoro? Una retorica inutile contrapporli»

Raitano: «RdC e politiche sul lavoro? Una retorica inutile contrapporli»

Intervista a Michele Raitano, professore associato di Politica Economica nel Dipartimento di Economia e Diritto della Sapienza, membro del comitato scientifico dell’Alleanza contro la povertà in Italia. 

 

Il Reddito di Cittadinanza che vuoto prova a colmare?
È una misura assolutamente necessaria per il nostro Paese. Il suo vero obiettivo è quello di raggiungere la fascia della popolazione che non è considerata da altri strumenti di welfare e che non ha la possibilità di accedere ad un reddito adeguato. Impensabile farne a meno. 

Ma come si lega il Reddito di Cittadinanza al tema della previdenza?

In realtà, dal mio punto di vista, sono due strumenti che vanno distinti. Da una parte dobbiamo batterci per avere una protezione legata allo stato lavorativo degli individui. E questo avviene solo se riusciamo a far garantire salari decenti e contratti decenti a prescindere dal RdC. Il Reddito di Cittadinanza è uno strumento di welfare per chi comunque non arriva ad un reddito minimo, nonostante il lavoro, e un ammortizzatore sociale per chi non produce reddito. È comunque una retorica fastidiosa contrapporre il RdC con le misure di welfare per il lavoro. È dimostrato che tante persone hanno un lavoro ma quel lavoro non basta per allontanarli dal rischio povertà. Con un salario di mille e cinquecento euro e un nucleo familiare di due persone non sono in una condizione di disagio economico, con lo stesso salario ma con un nucleo di quattro persone a carico entro in una condizione di vulnerabilità. In Italia il mercato del lavoro ha una quota enorme di lavoro nero, lavoratori autonomi, che non hanno avuto accesso e non hanno accesso agli ammortizzatori sociali. Ma anche tra i lavoratori dipendenti si è diffuso il fenomeno del “lavoro povero”.

Una misura importante ma che ha comunque i suoi limiti

Li abbiamo visti bene e sono di tre tipi: un’enfasi forse eccessiva attribuita alle politiche del lavoro, che dovrebbero invece essere sviluppate a prescindere dalla platea di individui che riceve il reddito di cittadinanza. Ci sono dei limiti evidenti nella copertura, primi tra tutti quelli che riguardano i cittadini extracomunitari regolarmente residenti in Italia che pagano le tasse nel nostro Paese, tasse che ricordo finanziano il reddito di cittadinanza. Quindi perché continuare a rendere così stringente per loro la possibilità di accedere alla misura? E per le famiglie numerose la scala di equivalenza va assolutamente rivista. Ad oggi una famiglia di sei persone è valutata come una famiglia di 2,1 persone. I requisiti quindi non sono razionali. 

Non a caso questi sono tra i punti da rivedere proposti dall’Alleanza

Il ruolo dell’Alleanza è necessario. È difficile organizzare persone che hanno poca voce nel dibattito pubblico. Il nostro obiettivo è da un lato dare voce alle istanze delle persone, dall’altro fare proposte serie, sensate, concrete non solo per urlare ed enfatizzare le problematiche ma per suggerire modifiche normative fattibili sulle quali intervenire.  

L’Alleanza sta sviluppando una ricerca sulla povertà e che vedrà una prima parte di pubblicazione a giugno. Con che intento nasce la ricerca?

Vogliamo ragionare su quanto siano, o non siano, razionali le coperture e i livelli degli importi erogati e come questa misura, il RdC, dialoghi con le altre. E in secondo luogo riflettere su alcune modifiche che oggi non si possono procrastinare davanti al fenomeno delle povertà. È più che mai urgente una riflessione sulle nuove fasce di poveri che stanno nascendo. E quindi sulla platea dei beneficiari del reddito di cittadinanza che si amplia. Non da meno è il tema dell’attivazione del lavoro: dobbiamo incentivare il lavoro dei percettori. Il mondo del lavoro paga, colpevolmente, salari molti bassi.

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